venerdì 23 novembre 2012


SHOPENHAUER



RADICI CULTURALI DEL SISTEMA

Le influenza di Schopenauer sono le seguenti:

PLATONE: la teoria delle idee, intese come forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del nostro mondo.

KANT: (che egli considera il più grande filosofo della storia del pensiero) deriva l'impostazione soggettivistica della sua gnoseologia.

ILLUMINISMO: filone materialistico e filone dell'ideologia, da cui eredita la tendenza a considerare la vita psichica e sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso.

ROMANTICISMO: irrazionalismo, importanza della musica, il tema dell'infinito, dolore. Tuttavia, se il Romanticismo, mostra tendenze ottimistiche, Schopenauer è orientato verso il pessimismo.

ORIENTE: ne recupera alcuni motivi, per esempio il velo di Maya.


IL MONDO DELLA RAPPRESENTAZIONE

Il punto di partenza della filosofia di Schopenauer è la distinzione kantiana tra FENOMENO e COSA IN SE'.

FENOMENO: parvenza, illusione, sogno. Ciò che noi crediamo sia la realtà, ma non lo è, ciò che nell'antica sapienza orientale è detto “velo di Maya”. Il velo di Maya è una sorta di barriera che vela gli occhi degli uomini e nasconde loro la vera essenza del mondo, la realtà vera e propria. Somiglia, dice Schopenauer, al riflesso del sole sulla sabbia che il pellegrino scambia per acqua: è una suggestione, un sogno, un vero e proprio velo di illusione che nasconde la realtà.

COSA IN SE': la realtà che si nasconde dietro l'ingannevole trama del fenomeno.

Per Schopenauer, il fenomeno è una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza: “il mondo è la mia rappresentazione” è la tesi che apre il suo capolavoro.

La rappresentazione ha due aspetti essenziali inseparabili: il soggetto rappresentante e l'oggetto rappresentato. Essi esistono solo all'interno della rappresentazione e nessuno può sussistere se non c'è l'altro.

Schopenauer ammette tre forme a priori: spazio, tempo e causalità. La causalità è l'unica categoria, in quanto tutte le altre vi sono riconducibili e poiché la realtà stessa dell'oggetto si risolve completamente nella sua azione causale su altri oggetti.





LA SCOPERTA DELLA VIA D'ACCESSO ALLA COSA IN SE'


Com'è possibile lacerare il velo di Maya e raggiungere la realtà?
Se noi fossimo soltanto conoscenza e rappresentazione, noon potremmo mai uscire dal mondo fenomenico. Ma poiché siamo dati a noi medesimi anche come corpo, non ci limitiamo a vederci dal di fuori, bensì ci viviamo anche dal di dentro, godendo e soffrendo: è questa esperienza di base che ci permette di squarciare il velo di sogni e di afferrare la cosa in sé. Ripiegandoci su noi stessi ci rendiamo conto che l'essenza profonda del nostro io è la VOLONTA' DI VIVERE. La volontà di vivere è quell'impulso che ci spinge a desiderare, esistere, agire.

Noi siamo VITA e VOLONTA' DI VIVERE. Quest'ultima è l'essenza segreta di tutte le cose, la cosa in sé dell'universo: “Essa è l'intimo essere, il nocciolo di ogni singolo, ed egualmente del Tutto”.
Infatti la volontà di vivere pervade ogni essere della natura, sia pure in forme distinte e secondo gradi di consapevolezza diversi, che vanno dalla materia organica, in cui appare in modo inconscio, fino all'umo in cui essa risulta pienamente consapevole.



CARATTERI E MANIFESTAZIONI DELLA VOLONTA' DI VIVERE


Essendo al di là del fenomeno, la volontà presenta caratteri contrapposti al mondo della rappresentazione in quanto si sottrae alle forme di quest'ultimo, cioè spazio, tempo e causalità.
Essa è:

- INCONSCIA (in quanto è un impulso inconsapevole)
  • UNICA (ovvero al di là del “principio di individuazione”. Si sottrae infatti allo spazio e al tempo)
  • ETERNA (perché è appunto al di là del tempo)
  • INDISTRUTTIBILE (è un principio senza inizio né fine)
  • INCAUSATA (al di là della causalità, perché è una forza libera e cieca, un'energia incausata)
  • SENZA SCOPO (è una forza cieca senza meta)


Miliardi di esseri viventi (vegetali, animali, umani) non vivono che per continuare a vivere. È questa la crudele verità sul mondo, anche se gli uomini hanno cercato di mascherare la sua terribile evidenza postulando un Dio cui sarebbe finalizzata e in cui troverebbe un senso la loro vita. Ma DIO, nell'universo doloroso di Schopenhauer, NON può esistere e l'unico assoluto è la vita stessa.











DOLORE, PIACERE E NOIA

Affermare che l'essere è la manifestazione di una volontà infinita equivale a dire che la VITA E' DOLORE PER ESSENZA. Infatti volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa. Il desiderio quindi è vuoto, assenza, DOLORE. L'uomo è perciò destinato a desiderare troppo e ad essere infelice.

Ciò che gli uomini chiamano PIACERE è soltanto una cessazione del dolore. Perché ci sia piacere bisogna che vi sia uno stato precedente di tensione o dolore. Senza contare che il dolore non può essere sopraffatto dal piacere: per ogni piacere ci sono dieci dolori.

Il piacere è perciò una FUNZIONE DERIVATA DEL DOLORE.

Accanto al dolore c'è una terza situazione esistenziale di base: la NOIA, che subentra quando vien meno il desiderio. Di conseguenza, la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per un intervallo fugace e illusorio del piacere e della gioia.


LA SOFFERENZA UNIVERSALE

Al mondo, TUTTO SOFFRE. L'uomo soffre di più delle altre creature, perché ne ha maggior consapevolezza. Schopenhauer diceva: “Chi aumenta il sapere, moltiplica il dolore”.

In tal modo, il filosofo arriva a una delle più radicali forme di PESSIMISMO cosmico di tutta la storia del pensiero, ritenendo che il male non sia solo nel mondo, ma nel Principio stesso da cui esso dipende. Esiste infatti un'autolacerazione dell'unica volontà in una molteplicità conflittuale di parti e individui reciprocamente ostili. L'individuo appare soltanto uno strumento per la specie, il cui unico fine sembra essere perpetuare la vita.


LE VIE DI LIBERAZIONE
DAL DOLORE

Schopenhauer si occupa di trovare delle soluzioni al dolore umano. Capisce che l'unico modo per smettere di soffrire è SBARAZZARSI DELLA VOLONTA' DI VIVERE. Si potrebbe pensare al suicidio, ma Schopenhauer lo condanna!

Il SUICIDIO infatti non è negazione della volontà di vivere! Per prima cosa, il suicida VUOLE la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate. Anziché negare la volontà di vivere, nega piuttosto la vita.
Secondo, il suicidio opprime unicamente l'INDIVIDUO, lasciando intatta la cosa in sé, che pur morendo in un individuo ne rinasce in molti altri.


Di conseguenza, la VERA RISPOSTA AL DOLORE consiste nella LIBERAZIONE DALLA STESSA VOLONTA' DI VIVERE: in poche parole, il concetto di noluntas.

Schopenhauer articola l'iter salvifico dell'uomo in tre momenti essenziali: l'arte, la morale e l'ascesi.




ARTE

L'arte è conoscenza LIBERA e disinteressata, che si rivolge alle idee, ossia alle forme pure ed eterne delle cose. Ciò accade perché nell'arte questo amore, questa afflizione e questa guerra diventano l'amore, l'afflizione, la guerra, ovvero l'essenza immutabile di tali fenomeni.

Il soggetto che contempla le idee, ovvero gli aspetti UNIVERSALI della realtà, ovviamente non è più l'individuo naturale, sottoposto alle esigenze pratiche della volontà, ma il puro soggetto del conoscere, il puro occhio del mondo. Di conseguenza, può contemplare la vita elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo.


Le varie arti corrispondono a gradi diversi di manifestazione della volontà. L'architettura è grado più basso ( materia inorganica). Poi ci sono le altre, che si rivolgono alle idee, e fra loro spicca la TRAGEDIA, ovvero al rappresentazione del dramma della vita.

Posto a sé occupa la MUSICA. La musica non rappresenta la realtà visibile, ma è un'immediata rivelazione della volontà a se stessa. La musica è l'arte più profonda e universale.

L'arte però non è una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto.